Monte Cervati con i suoi 1898 m. è il più alto della Campania.

Meta di pellegrini, diretti al Santuario della Madonna della Neve e/o dagli escursionisti che amano percorrere il millenario sentiero dei fedeli che trasportano a spalla la statua della Madonna chiusa in un “stipa” fin sulla vetta del Cervati durante il percorso si possono ammirare autentici paradisi naturali.

Il Monte Cervati ben delineato tra Cozzo della Croce, Monte Forcella, Monte Motola, Monte Faitella e la Raia del Pedale ed il gruppo Monte Centaurino.

La forte permeabilità del suolo, a causa di fenomeni carsici presenti, rende l’intera area del Cervato un importantissimo bacino idrografico da cui scaturiscono corsi d’acqua di notevole importanza, quali il fiume Bussento, il fiume Mingardo, il fiume Calore Lucano.

Il suo paesaggio infatti appare modellato dalle forme carsiche che rappresentano la caratteristica geologica, dalle grandi forre scavate dai torrenti permanentemente in piena e dalle numerose sorgenti di cui due captate,la sorgente di Varco dell’Abete e di Monte Menzano , utilizzate per alimentare il fabbisogno della popolazione sanzese e altri paesi del basso Cilento

Il paesaggio assume particolare bellezza nelle località Ponte Inferno e Varco dell’Abete, che è il nome dell’albero omonimo.

In queste località le acque impetuose delle sorgenti diventano artefici di rapide e di cascate di rara bellezza.

In vetta al Cervato, le fasi tettoniche quaternarie hanno lasciato diverse tracce, forme interessanti si rilevano appena a est del Santuario della Madonna della Neve, ove si apre una cavità di origine carsica che è la dimora della Madonna della Grotta.

La leggenda dice che in origine l’entrata della grotta fosse di dimensioni più larghe e che con un miracolo la Madonna l’avesse ristretta per non permettere ad un gruppo di ladri di asportare la statua che la raffigura.

Quest’ aspetto geomorfologico è riscontrabile in tutta l’area del massiccio del Cervato e si manifesta in maniera eclatante con la formazione di una grava, ‘la Grava del Festolaro‘, nonché l’Inghiottitoio di Vallevona (affonnaturo).

Al margine N. E. della conca di Vallevona, infatti, le acque si sono aperte la strada scavando un inghiottitoio di vaste proporzioni e di notevole profondità.

Si tratta di una depressione semicircolare con pareti verticalizzate dall’erosione carsica, di forma ellittica, larga più di 50 metri e profonda circa 90 metri la quale si restringe al fondo, ove le acque alimentano un laghetto stagionale. L’inghiottitoio è collegato con l’esterno da un tunnel lungo circa 500 metri, realizzato negli anni ’50 per consentire il rapido deflusso delle acque piovane che altrimenti andrebbero a influire sulla qualità dell’acqua della sottostante sorgente di Varco dell’Abete.

E’ attraverso questo tunnel che, nel periodo estivo, i visitatori accedono all’interno dell’inghiottitotio.

Anche nelle zone basse del paese il territorio risulta modellato da fenomeni carsici osservabili nella località Lago dove si trovano tre inghiottitoi, il più noto è quello di Rio Torto, costituito da un ampio varco alto circa trenta metri.